Come funzionano le fotocamere a pellicola?

Immagine tratta dal film "I sogni segreti di Walter Mitty"
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Tutti noi possediamo una fotocamera digitale, la maggior parte delle quali è estremamente semplice da utilizzare. Ma ti sei mai domandato come realmente funziona una macchina fotografia a pellicola?

Le fotocamere a pellicola sono, ad oggi, una reliquia del passato, una vecchia tecnologia resa obsoleta dall’evoluzione digitale. Ma ancora molte persone amano scattare su pellicola, ritengono infatti che sia più artigianale e che nessun sistema digitale possa ricreare quest’esperienza.

Luce, obiettivi ed elementi di esposizione

Le fotocamere e le lenti moderne hanno subito una grande evoluzione negli ultimi anni. Tutte le fotocamere, nonostante gli enormi progressi tecnologici hanno uno scopo molto semplice: raccogliere, mettere a fuoco e limitare la quantità di luce che arriva al sensore.

Lo scatto di una foto è una sorta di reazione chimica o elettrica con i fotoni (particelle leggere) che scendono in giù e rimbalzano in un determinato momento fotografico. Quest’istante di luce è chiamato “esposizione” ed è controllato da tre principi variabili noti come elementi di esposizione: apertura, lunghezza dell’esposizione e sensibilità alla luce.

L’apertura si riferisce alla quantità di luce bloccata o consentita da un diaframma meccanico, disposto all’interno della lente della fotocamera.

La lunghezza dell’esposizione viene calcolata in secondi o in frazioni di un secondo (di solito si chiama velocità dell’otturatore).

La sensibilità alla luce rappresenta la sensibilità del sensore della fotocamera. Le fotocamere più veloci possono catturare immagini con meno luce, al contrario quelle più lente richiedono più luce e tempi di esposizione più lunghi.

Sensibilità dei sensori di luce

Le fotocamere digitali hanno un impostazione predefinita per la sensibilità di luce. Queste impostazioni sono spesso conosciute come ISO. L’ISO è una configurazione numerica, di valori compresi tra 50, 100, 200, 400, 800, ecc…

Le telecamere a pellicola hanno uno standard ISO molto simile alle ISO digitali. I fotografi dei film la maggior parte delle volte progettano in anticipo le condizioni di luce su un set.

Un’impostazione ISO a 800 o 1600 ad esempio, potrebbe essere utile per fotografare ambienti con scarsa luminosità. I valori ISO più bassi vengono utilizzati per scattare foto in scenari più soleggiati.

Com’è sensibile una pellicola alla luce? Considera la pellicola come una sorta di vettore trasparente, composto da uno strato di fogli microscopici e sottili.

Questi strati al contatto con la luce creano una reazione chimica che imprime la foto sulla pellicola. Le pellicole poi vanno sviluppate, in una stanza che di solito prende il nome di “camera oscura“.

Creazioni di immagini con la chimica

Poiché questo tipo di fotocamere possono solo creare delle immagini “grezze”, le pellicole devono essere lavorate in un processo che si chiama “sviluppo”. Le pellicole fotografiche, anche dopo che sono state esposte alla luce, sono in realtà ancora sensibili alla stessa. Prendendo una pellicola in un qualsiasi ambiente ben illuminato farà sì che questa si danneggerà, rendendola inutilizzabile.

Entra in gioco quindi “la camera oscura”. Questa stanza, a differenza di quello che ci si potrebbe attendere, non è del tutto oscura, ma è illuminata da una luce filtrata alla quale le pellicole non sono sensibili.

In questo modo chi sviluppa la pellicola può vedere ciò che sta facendo senza danneggiare la pellicola.

Camera oscura

Tipologie di sviluppo

Per le pellicole in bianco e nero si utilizzano tecniche e metodi differenti per lo sviluppo, anche se in entrambi i casi ci sono gli stessi principi. Le pellicole esposte a colori e in bianco e nero, vengono messi in bagni chimici con alogenuro d’argento. Quando si sottopone un alogenuro d’argento all’azione della luce, la radiazione assorbita gli cede l’energia necessaria per separare il legame tra l’alogeno e il metallo. Il deposito di argento così formato è tanto più denso quanto maggiore è l’intensità dell’illuminazione, ed è quindi possibile ottenere con la camera oscura un’immagine negativa del soggetto inquadrato.

La pellicola viene poi sciacquata in un “bagno di stop”, che è composto solitamente soltanto di acqua. Il terzo bagno è un “fissatore” chimico, che arresta il processo di sviluppo, disattivando gli agenti chimici sulla pellicola, e congelandone il risultato ottenuto.

La pellicola non fissata può continuare a svilupparsi, cambiando l’immagine nel tempo. Il fissaggio chimico è una sostanza chimica abbastanza pericolosa, e di solito i negativi vengono lavati in un altro bagno di base dopo aver fissato e a asciugato la pellicola.

Le pellicole a colori subiscono il medesimo processo di sviluppo. Per creare immagini a colori occorre realizzare dei negativi che producano i tre colori principali della luce: rosso, verde e blu. Per creare questi negativi vengono utilizzati tre colori primari: ciano, magenta e giallo. La luce blu è esposta su uno strato giallo, mentre il rosso è esposto su uno strato ciano, e il magenta al verde.

Una volta esposte, le immagini vengono sviluppate, fermate, lavate, fissate e lavate nuovamente.

La stanza oscura

A differenza della moderna stampa per la fotografia digitale quella di una pellicola ripropone più o meno lo stesso processo fotografico per creare da un negativo una vera immagine a colori.

Le stampe a pellicola sono tutte effettuate su speciali carte sensibilizzate, trattate chimicamente, e che sono simili a quelle fotografiche. Alla prima occhiata, sembra che somiglino alla normale carta fotografica a getto d’inchiostro. La differenza però è evidente, in quanto la prima può essere toccata in qualsiasi condizione di luce, mentre la seconda (carta sensibilizzata) deve essere trattata in una stanza oscura.

Le stampe possono essere realizzate sia posizionando strisce di pellicola direttamente sulla carta fotografica sensibile, o utilizzando un ingranditore, che è fondamentalmente una sorta di proiettore che può far luce attraverso i negativi per creare immagini ingrandite.

In entrambi i casi, la carta fotografica è esposta alle luce.

 

 

Autore del blog Digitalart. Programmatore con la passione per i computer, dolci e la cucina in generale. Ama cimentarsi in produzioni grafiche e scrivere articoli interessanti.

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